DON BARTOLO BATTE FIGARO

Il Barbiere di Siviglia firmato Pier Luigi Pizzi si riconferma un successo grazie anche ad un cast artistico di altissimo livello

di Eddy Lovaglio

Un cast davvero straordinario per “Il Barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini andato in scena sabato 20 gennaio al Teatro Regio di Parma, ultima delle quattro recite e prima opera della stagione lirica 2024 sotto la guida di Luciano Messi, neo sovrintendente della Fondazione Teatro Regio di Parma.

L’opera Rossiniana, con la regia sobria e raffinata di Pier Luigi Pizzi, aveva debuttato nel 2018 al ROF di Pesaro, ripresa nel 2020 ed ora a Parma con un cast di cantanti differenti dalle rappresentazioni marchigiane.  Il Conte d’Almaviva è stato interpretato dal giovane Maxim Mironov, classe 1981, nazionalità russa, tenore di grazia e dall’aspetto principesco che rispecchia l’immaginario collettivo (biondo e occhi azzurri), ha doti belcantistiche notevoli che proprio nel repertorio rossiniano può esprimere al meglio. Meno incisivo vocalmente nella prima aria “Ecco, ridente in cielo”, che presenta il personaggio, ma con ottima tecnica riesce ad avere un crescendo mano a mano che l’opera prosegue.

Ottima la performance del mezzosoprano di nazionalità russa, Maria Kataeva, che ha interpretato una Rosina disinvolta nella movenza scenica ma soprattutto una buona malia timbrica anche nel passaggio di impervie agilità vocali, nel virtuosismo e nell’esuberanza del ritmo, tipiche del canto di Rossini.  

Il barbiere tanto amato e richiesto da tutti quanti (oggi si potrebbe definire un “Influencer” dalle migliaia di followers) è stato interpretato dal polacco Andrzej Filònczyk, baritono di talento che ha riscosso il meritato successo seppure nella prima aria che lo presenta (Largo al Factotum) viene penalizzato dagli eccessivi movimenti scenici di un bagno nella vasca/fontana in quella che dovrebbe essere la piazza di Siviglia. Nel corso dello svolgimento dell’opera non emerge quanto il Don Bartolo di Marco Filippo Romano, palermitano, che prende la scena in modo esilarante e vocalmente eccezionale.

La trilogia teatrale composta nel 1778 dal drammaturgo francese Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais pone, infatti, al centro il personaggio di Figaro del quale sia Mozart (con Le nozze di Figaro) e sia Rossini con Il Barbiere di Siviglia ne hanno fatto un protagonista di assoluto rilievo che deve dominare la scena durante tutta l’opera poiché è grazie alle “trovate geniali” della sua mente che l’opera risulta avere il classico lieto fine. Ciononostante, il baritono Andrzej Filònczyk, oltre alle doti attoriali, ha mostrato talento vocale ed interpretativo perciò ha meritato il successo che il pubblico gli ha tributato.

Di fianco all’insuperabile Marco Filippo Romano, dalla mediterranea foga interpretativa e verve attoriale, un ottimo Roberto Tagliavini nel ruolo di Don Basilio.

Hanno completato il cast il soprano Lica Piermatteo (Berta), William Corrò (Fiorello/Ufficiale), Armando De Ceccon (Ambrogio). Il coro tutto al maschile diretto dal Maestro Martino Faggiani ha ricevuto numerosi applausi così come l’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini diretta dal giovanissimo Diego Ceretta.  

(Foto di Roberto Ricci)

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA IN BIANCO E NERO

Festival Verdi 2023 – Teatro Regio di Parma

Foto di Roberto Ricci

L’atmosfera è quella d’un film d’altri tempi, quando al cinema ancora non era arrivata la pellicola a colori, considerata uno degli elementi attrattivi del film.

Pier Luigi Pizzi, creatore di scene e costumi oltre che regia de “I Lombardi alla prima crociata” del Regio di Parma nell’ambito del Festival Verdi, lavora per sottrazione e ci propone un allestimento in bianco e nero quasi a voler spogliare  la trama (piuttosto complicata, fatta di guerre tra Oriente e Occidente oltre che guerre fratricide e storie d’amore impossibili) dagli intrighi assurdi e da una drammaturgia scoordinata dando risalto alle voci, poiché nell’opera lirica protagonisti sono i cantanti. La scena, basata sulle nuove tecnologie e quindi su proiezioni scenografiche tridimensionali, è indubbiamente molto raffinata. Il bianco e nero riproduce anche le fosche tinte Verdiane calandoci in un’atmosfera neutra che può rifarsi ad ogni epoca con la condanna delle guerre anche in nome di un qualsiasi Dio. Le uniche tinte di colore sono quelle delle tuniche dei musulmani mentre Giselda veste sempre in bianco come l’innocente sull’ara del sacrificio. Belle le coreografie di Marco Berriel e le luci di Massimo Gasparon, l’orchestra è diretta dal M° Francesco Lanzillotta.

Foto di Roberto Ricci

Nel cast mattatore è Michele Pertusi nel ruolo di Pagano ma anche Lidia Fridman (Giselda), che ha reso il suo personaggio estremamente incisivo sia dal punto vista vocale che scenico, Antonio Corianò (Arvino) e Antonio Poli (Oronte) hanno riscosso pieni applausi del pubblico. Il coro diretto dal M° Martino Faggiani è sempre una garanzia e in quest’opera corale è stato il vero protagonista concludendo con un un trionfo, e ovazioni del pubblico, in una delle pagine più conosciute dell’opera ovvero “O Signore, dal tetto natìo”. Bravi anche Luca Dall’Amico (Pirro), Giulia Mazzola (Viclinda), William Corrò (Acciano) e i due allievi dell’accademia Zizhao Chen (Priore di Milano) e Galina Ovchinnikova (Sofia, moglie di Acciano).

Foto di Roberto Ricci

L’opera rispecchia il fervore giovanile di Verdi che, dopo il successo di Nabucco, a distanza di un anno propone questa sua nuova composizione seguita da Ernani, I due Foscari, Giovanni d’Arco, Alzira, e così via debuttando quasi ogni anno, se non due volte all’anno, opere nuove a conferma dell’impaziente impeto compositivo che lo contraddistingue come uno dei compositori più prolifici della storia del melodramma. Un fervore che qui risulta piuttosto pacato, Pier Luigi Pizzi anche in questo caso ha lavorato per sottrazione. Unica nota di rilievo l’assolo di violino del terzo atto reso spettacolare dalla presenza in scena del primo violino della Toscanini, Miihaela Costea, in un momento che, al contrario, dovrebbe essere estremamente intimista e onirico. Ma Pizzi mette in scena anche altri tre musicisti: Francesca Troilo con un’arpa dorata, Giulia Carlutti, flauto, Fabrizio Fadda, clarinetto. Un modo per firmare qualcosa di innovativo che ha quasi il sapore di un testamento.

(Eddy Lovaglio)