I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA IN BIANCO E NERO

Festival Verdi 2023 – Teatro Regio di Parma

Foto di Roberto Ricci

L’atmosfera è quella d’un film d’altri tempi, quando al cinema ancora non era arrivata la pellicola a colori, considerata uno degli elementi attrattivi del film.

Pier Luigi Pizzi, creatore di scene e costumi oltre che regia de “I Lombardi alla prima crociata” del Regio di Parma nell’ambito del Festival Verdi, lavora per sottrazione e ci propone un allestimento in bianco e nero quasi a voler spogliare  la trama (piuttosto complicata, fatta di guerre tra Oriente e Occidente oltre che guerre fratricide e storie d’amore impossibili) dagli intrighi assurdi e da una drammaturgia scoordinata dando risalto alle voci, poiché nell’opera lirica protagonisti sono i cantanti. La scena, basata sulle nuove tecnologie e quindi su proiezioni scenografiche tridimensionali, è indubbiamente molto raffinata. Il bianco e nero riproduce anche le fosche tinte Verdiane calandoci in un’atmosfera neutra che può rifarsi ad ogni epoca con la condanna delle guerre anche in nome di un qualsiasi Dio. Le uniche tinte di colore sono quelle delle tuniche dei musulmani mentre Giselda veste sempre in bianco come l’innocente sull’ara del sacrificio. Belle le coreografie di Marco Berriel e le luci di Massimo Gasparon, l’orchestra è diretta dal M° Francesco Lanzillotta.

Foto di Roberto Ricci

Nel cast mattatore è Michele Pertusi nel ruolo di Pagano ma anche Lidia Fridman (Giselda), che ha reso il suo personaggio estremamente incisivo sia dal punto vista vocale che scenico, Antonio Corianò (Arvino) e Antonio Poli (Oronte) hanno riscosso pieni applausi del pubblico. Il coro diretto dal M° Martino Faggiani è sempre una garanzia e in quest’opera corale è stato il vero protagonista concludendo con un un trionfo, e ovazioni del pubblico, in una delle pagine più conosciute dell’opera ovvero “O Signore, dal tetto natìo”. Bravi anche Luca Dall’Amico (Pirro), Giulia Mazzola (Viclinda), William Corrò (Acciano) e i due allievi dell’accademia Zizhao Chen (Priore di Milano) e Galina Ovchinnikova (Sofia, moglie di Acciano).

Foto di Roberto Ricci

L’opera rispecchia il fervore giovanile di Verdi che, dopo il successo di Nabucco, a distanza di un anno propone questa sua nuova composizione seguita da Ernani, I due Foscari, Giovanni d’Arco, Alzira, e così via debuttando quasi ogni anno, se non due volte all’anno, opere nuove a conferma dell’impaziente impeto compositivo che lo contraddistingue come uno dei compositori più prolifici della storia del melodramma. Un fervore che qui risulta piuttosto pacato, Pier Luigi Pizzi anche in questo caso ha lavorato per sottrazione. Unica nota di rilievo l’assolo di violino del terzo atto reso spettacolare dalla presenza in scena del primo violino della Toscanini, Miihaela Costea, in un momento che, al contrario, dovrebbe essere estremamente intimista e onirico. Ma Pizzi mette in scena anche altri tre musicisti: Francesca Troilo con un’arpa dorata, Giulia Carlutti, flauto, Fabrizio Fadda, clarinetto. Un modo per firmare qualcosa di innovativo che ha quasi il sapore di un testamento.

(Eddy Lovaglio)